L’aereo inizia le fasi di atterraggio e in pochi istanti le ruote toccano terra e si avvia verso il terminal dello sbarco. Mi avvicino al finestrino e vedo, finalmente, un suolo innevato. Abbiamo lasciato l’Italia ieri pomeriggio e con lei temperature autunnali e montagne spoglie, anche quest’anno il desiderio comune del bianco Natale non è stato soddisfatto. “quest’anno” è solo l’ultimo di una tendenza di cui non si può più negare la presenza, purtroppo. Noi abbiamo deciso di farci un regalo e di trascorrere queste festività in Giappone, sei giorni a sciare in Hokkaido e altrettanti per conoscere questa millenaria cultura visitando Kyoto e Tokyo.
Grazie all’efficienza che li contraddistingue, in poco tempo recuperiamo sci e bagagli andiamo a noleggiare un’auto. L’Hokkaido è un’isola che risente delle fredde correnti siberiane ed è abbastanza comune che nevichi con temperature ben al di sotto lo zero, creando dei fiocchi leggerissimi: stasera ne avremo la prova. Ci aspettano tre ore di strade buie, spesso incrostate di ghiaccio e sotto una bella bufera di neve. Ma del resto, non siamo venuti qui per la neve?
Il nostro 4×4, con un po’ di cautela, si comporta benissimo e dopo aver superato le piste illuminate di Katsurazawakokusetsu raggiungiamo Furano. Sono le 21 passate ed entrambi gli ski resort (i comprensori) hanno ancora parecchie piste illuminate. Il paese è pressoché deserto e con qualche difficoltà ci muoviamo tra i cumuli di neve, alti un paio di metri, rimasti ai bordi delle strade, ciononostante voglio vedere gli impianti. Stanchi ma emozionati come due bimbi alla vista della prima nevicata andiamo in albergo.
La mattina seguente, con grande dispiacere, sono a pulire i vetri dell’auto dai 20 cm di fantastica polvere caduta stanotte. Già dalla salita in “gondola” (la nostra cabinovia) inizio a guardarmi attorno, a cercare pendii e possibili linee di discesa; sono curioso di comprendere la morfologia del terreno e di capire dove andare. Ma tutto si risolve appena metto gli sci, mi dirigo verso il gate che delimita il fuori pista e inizio a scambiare due chiacchiere con Albert, guida di sci, americano che lavora in un noleggio attrezzature sportive del paese. Due battute, qualche indicazione e la prima discesa ha inizio. Vuoi perché sono le prime curve su fresca della stagione, vuoi perché questa neve è proprio diversa dalla nostra, ma ci vuole un’altra discesa per assaporala appieno. Ora cominciamo ad uscire dalle tracce più facili per cercare qualcosa di più articolato, anche se questo comporta di battere traccia e portare per un po’ gli sci in spalla: fatiche largamente ricompensate da pendii con ottima pendenza e fantastica powder immacolata.
Ogni giorno cambiamo ski resort così da vivere le tante e diverse situazioni che questo posto può offrire:
Asahi-dake: un’unica funivia per entrare in un suggestivo scenario vulcanico, in una giornata con scarsa visibilità (non si può pretendere che nevichi con il sole!) tra torri laviche e suggestivi boschi di betulle
Sapporo: oltre a dare il nome ad una buonissima birra è una città molto moderna e che ci regala una giornata con vista sull’oceano. Nella notte non è arrivata nuova neve ma le condizioni sono comunque buone, così ci divertiamo scendendo qualche canalino un po’ più ripido.
Niseko: con i suoi quattro resort in un contesto ricco di locali molto frequentati da giovani australiani e americani. Qui, visto che per ben due giorni non è nevicato, decidiamo di cercare la bella neve con le pelli, lontani dalla massa ravanatrice di pendii. La visibilità rimane sempre scarsa ma ci regala un tappeto di neve fresca, preparando ottime condizioni per il giorno successivo, nostro ultimo giorno sugli sci.
Pur essendo stata la scusa del viaggio, la polvere è stata solo uno degli elementi che mi ha colpito. E’ stato il tuffo in una cultura complessa, con dei rituali e delle consuetudini molto diverse da quelle a cui siamo abituati, anche questi aspetti vanno ad arricchire un viaggio emozionante e a tutto tondo come questo.