Qual’è la montagna più pulita delle Dolomiti?

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E’ una bellissima giornata di sole, il cielo è terso ed il freddo della notte ha indurito la neve. Saliamo il vajo di buon passo godendoci la fortuna che oggi ci è concessa. Intanto penso alle attività dei prossimi giorni e decido di coinvolgere l’amico Ferruccio, è vero che abitando in Cadore è un po’ scomodo ma magari se scende la sera prima e dorme da me…

Arriviamo al primo punto riparato e ci concediamo una pausa. Sfrutto il momento per fare qualche foto con il telefono, c’è un messaggio di Carlo. Poche parole ma molto chiare, non ho il tempo di comprenderle e mi telefona Stefano. “Ferruccio è morto”.

Non so da che parte girarmi, come comportarmi, scendo, salgo, urlo…

Qualche minuto, respiro e cerco di riordinare i pensieri. L’ambiente che ci ospita mi aiuta a ritrovare un po’ di lucidità e proseguiamo la nostra salita. Sulla cresta al nostro fianco spunta un bellissimo cucciolo di camoscio, non è intimorito e ci segue curioso con lo sguardo, ci accompagnerà fino in vetta ; non posso fare a meno di pensare che fosse lui. Penso che se n’è andato nel luogo che per tanti anni aveva custodito e che amava, che stava vivendo la sua ennesima avventura, il sale della sua Vita. Sono pensieri che scorrono veloci e con loro iniziano a riaffiorare i ricordi.

Ho conosciuto Ferruccio poco più di dieci di anni fa. L’occasione fu una gita di scialpinismo a cui Stefano mi aveva invitato. Rimasi da subito colpito dalla sua indole pacata, quasi timida, dalla sua disponibilità e bontà. A fine gita ci invitò a pranzo a casa sua e così conobbi anche Maria. In casa vi era un clima di serenità e di pace che poi trovai manifestato in tutta la sua bellezza quando conobbi la figlia Irene.

Seguirono gli anni dei corsi Guida e ci rivedemmo qualche sera alla palestra di arrampicata di Sportler a Treviso, quando lui smontava dai turni di elisoccorso. Era sempre piacevole parlare assieme, più lo conoscevo e più capivo che era una persona ricca, curiosa e con un’esperienza immensa.

Diventato Guida e finalmente collega abbiamo lavorato spesso assieme, che fosse un giornata a spalar la neve dai tetti o una più interessante trascorsa tra i monti ne sono sempre tornato divertito e arricchito.

A volte ci si vedeva anche a distanza di mesi ma era sempre come ci fossimo lasciati il giorno prima. Io ero sempre curioso di vedere quale novità avesse, perché aveva sempre qualcosa di nuovo da farmi vedere. Allora prendeva il telefono e mi mostrava le foto di una nuova discesa fatta con gli sci, o l’ultimo itinerario di roccia aperto, la scultura alla quale stavo lavorando, un sasso dalla forma particolare oppure mi parlava dell’ultimo romanzo o poesia scritta. Era un vulcano di idee e di interessi a volte anche molto diversi tra loro.

Quelle che per l’alpinista duro e puro sono considerate imprese in lui avevano più il sapore della marachella. Non certo perché non fossero di livello, anzi, ma per lo stile e l’approccio con cui le viveva. C’era sempre una gamella al posto del casco dimenticato, un bivacco non previsto perché la corda non bastava e ormai si era fatto tardi … un’entusiasmo bambino sempre conservato e vissuto a pieno.

uno zaino per slittino

A volte ne sono stato coinvolto e così ci siamo trovati a scendere un torrente con un palco di corna nello zaino oppure sotto la pioggia battente alla ricerca dei migliori alberi di tasso perché doveva costruire degli archi.

In questi giorni molte persone che avevamo accompagnato assieme in montagna mi hanno chiamato. Avevano trascorso con lui magari solo poche ore ma ne erano rimasti affascinati, magari coinvolti dalle sue tante battute stile english.

Ora salendo al passo Fedaia, guardando la Regina delle Dolomiti non potrò non portare la mia attenzione alla grande vetta poco più a ovest e pensarti con quel ghigno beffardo mentre mi chiedi “qual’è la montagna più pulita delle Dolomiti?” … il Gran Vernel!

Grazie Ferruccio!